Neuromarketing e marketing 5.0, come dice Kotler la tecnologia a servizio dell’umanità.
Lavoro per le aziende italiane da molti anni e occupandomi di neuroscienze applicate al marketing e la comunicazione mi domando spesso quanto lavoro ci sia ancora da fare per allineare la realtà al nostro modo predittivo di disegnare la geografia dell’economia, del marketing e della comunicazione che verranno.
Neuromarketing e neurobranding sono il marketing e la comunicazione che capovolgono i paradigmi: le aziende per le persone e non più le persone per le aziende. Andare a raccogliere i bisogni ed i desideri degli esseri umani per costruire brand, prodotti e servizi che possano essere altamente validi per loro. Ottimizzare la strategia e la comunicazione in maniera etica e neuropercettivamente corretta serve a sostenere le aziende a costruire posizionamenti sul mercato e cognitivi capaci di essere influenti, riducendo il rischio di investimenti inefficaci.
Chi si evolve e chi resta indietro
Il marketing 5.0, a cui saremmo approdati oggi, in realtà è ad appannaggio esclusivo di quegli imprenditori dotati del fattore x misconosciuto a molti: la visione. Perchè per poter fare impresa, a tutti i livelli è indispensabile riuscire ad essere predittivi e “raccogliere la pioggia per usare l’acqua quando sarà carente”.
La tecnologia corre così velocemente che sembra lasciare indietro culturalmente troppe realtà. Dobbiamo ancora risultare convincenti quando cerchiamo di spiegare quanto il marketing e la comunicazione siano le fondamenta di un’impresa, figuriamoci se il tessuto economico italiano possa essere pronto per raccogliere la sfida della AI al fine di migliorare il suo status e la qualità della vita delle persone.
Troppe volte ancora mi capita di approdare in aziende – anche parecchio strutturate e che fatturano cifre a molti zeri – in cui vi è uno scontro aperto generazionale tra i padri fondatori ed i figli o i dipendenti di generazioni digitali. L’incomunicabilità diventa il batterio della crisi. Per questo poi i brand si trovano impantanati tra quello che erano (e che non possono più essere) e quello che dovranno diventare, senza avere la giusta preparazione e la visione necessaria per costruire anticipando i tempi, i bisogni, i valori.
Cosa bisogna fare?
Bisogna sbriciolare la credenza che la comunicazione e le aziende si debbano frequentare solo quando è necessario. Bisogna annientare la definizione di pubblicità finalizzata a vendere quando c’è maretta. Bisogna ancora, purtroppo, sminuire il concetto di azienda che fa prodotti senza avere consultato e aver conosciuto le persone a cui dovrà venderli. Il principio di adattamento alle condizioni socio economiche e geopolitiche oggi è la chiave di sviluppo delle aziende che vivono a lungo. Applicare il neurobranding ed in neuromarketing dovrebbe essere la base da cui partire per garantire una sorta di omeostasi del brand.
Neuromarketing e marketing 5.0 quindi devono diventare affetti stabili per le aziende, devono trovare una validazione che non sia solo da parte dei megabrand. Anche perchè se è vero che la tecnologia si sviluppa in maniera incessante e continua, il neuromarketing non è di certo una scoperta recente e viene utilizzata da decenni da chi si propone di essere un imprenditore lungimirante e con a cuore i propri obiettivi ed i bisogni della platea a cui si rivolge.
Il primo passo è quello di delegare all’analisi costante e continua la direzione strategica e la maniera di comunicare. Capire il mondo e avere confidenza con la realtà non può che essere una buona maniera per non restare indietro in un mondo che oscilla pericolosamente.